La ricerca di dati per la redazione di un capitolo di un libro sulla prevenzione degli incidenti in grotta mi ha portato ad approfondire un po’, attraverso un questionario, la conoscenza della realtà speleologica regionale.
Ai gruppi grotte venivano richiesti pochi dati: numero totale dei soci, quanti di questi maschi e quante femmine, numero dei soci attivi (cioè che vanno ancora in grotta).
Alcuni elementi erano stati da me raccolti direttamente ricorrendo alla cortesia di amici di vari gruppi sparsi nella regione; per gli altri si è attivata la Federazione Speleologica Regionale, che dai primi di ottobre ha contattato i gruppi regionali per posta elettronica o telefonicamente. Alla fine di novembre erano disponibili le risposte (alcune parziali) di venticinque gruppi sui ventinove ufficialmente presenti nel Friuli-Venezia Giulia. Hanno fornito dati per l’indagine tutti i gruppi delle province di Trieste e Pordenone, sei su otto della provincia di Udine e cinque su sette della provincia di Gorizia.
La prima considerazione che se ne trae è che la “serietà sociale” (o disponibilità a colloquiare con l’esterno) dei gruppi grotte regionali è un po’ migliorata rispetto al 1980, preso come anno di riferimento. Infatti ad un’analoga, anche se più approfondita, indagine condotta allora ed i cui risultati sono stati pubblicati sugli Atti del 5° Convegno regionale di speleologia svoltosi a Trieste nel 1981 (Guidi – Pavanello, “Indagine statistica sugli incidenti in grotta nel Friuli-Venezia Giulia”) aveva risposto il 73% dei gruppi interpellati contro l’86% delle risposte avute oggi.
Potrebbe essere – il dubitativo è d’obbligo – il segno che si diffonde sempre di più la consapevolezza che il Gruppo, per quanto forte e coeso, non è una struttura autarchica che può vivere staccata dalla realtà speleologica regionale e nazionale. Il segno che ci si allontana sempre di più dall’idea di una speleologia fatta all’ombra del campanile e che riconosceva come straniere, e quindi barbare, dunque inferiori, tutte le realtà a lei estranee.
I dati così raccolti forniscono un’immagine della realtà speleologica attuale: abbiamo 1.112 speleologi “tesserati” (cioè appartenenti ad un Gruppo), organizzati in venticinque gruppi grotte, a fronte dei 689 censiti nel 1980. Di questo migliaio abbondante di speleologi 429, con undici gruppi, risiedono nella provincia di Trieste; 308, con sei gruppi, in quella di Udine; 268, con cinque gruppi, in quella di Gorizia e 107, con tre gruppi, in quella di Pordenone. Il censimento del 1980 aveva dato per Trieste 367 speleologi, Gorizia 116, Pordenone 104 e Udine 102. In percentuale predomina ancora la provincia di Trieste con il 38.6% degli speleologi, seguita da Udine con il 27.7%, da Gorizia con il 24.1% e Pordenone con il 9.6%. Nel 1980 le percentuali erano 53.4% per Trieste, 16.8% per Gorizia, 15.1% per Pordenone e 14.8% per Udine. All’inizio degli anni ‘80 dunque nella provincia di Trieste erano concentrati il 46% dei gruppi grotte e oltre la metà degli speleologi della regione: nei vent’anni trascorsi da allora è proseguito il riequilibrio nella ripartizione territoriale degli speleologi, tendenza già evidenziata nella citata indagine.
La consistenza media dei gruppi grotte regionali va dai 54 elementi della provincia di Gorizia, ai 51 di Udine, ai 39 di Trieste ed infine ai 36 di Pordenone, con un valore medio regionale di 45 soci per gruppo. Naturalmente si tratta di media: in realtà si va da un massimo di 130 soci del gruppo più consistente agli undici di quello con un organico più ridotto. In Italia i gruppi grotte presentano di solito un più alto numero di soci: la media nazionale è di 61 soci, di cui 45 maschi e 16 femmine.
Dei 45 soci che mediamente da noi compongono il gruppo, 36 sono maschi e 9 femmine; la presenza delle donne nella speleologia regionale è dunque del 20%, un po’ al di sotto della media nazionale che è attestata al 26%. Anche qui è opportuno fare dei distinguo: si va da una presenza massima del 33% di un gruppo triestino, allo zero di un altro gruppo che non ne annovera nessuna nei suoi ranghi (sempre di Trieste, ma non è la Commissione Grotte, che comunque provvede ad abbassare fortemente la media con il suo 6.2%). Nel conteggio non ho tenuto conto – in questo caso – della cospicua presenza di donne nel GELGV di Villanova (un buon 40.9%), essendo il Gruppo formato anche da molti paesani non prettamente speleologi. Analizzando la presenza femminile nei gruppi per provincia vediamo in prima linea Pordenone con 25.2%, seguita da Udine con il 23.7%, da Gorizia con il 23.1% ed infine da Trieste con il 14.9%.
Dei tre dati richiesti (totale soci; maschi e femmine; soci attivi), l’ultimo raccolto è quello che alla Commissione Prevenzione del CNSAS interessava di più ma che ritengo essenzialmente indicativo (che è un modo simpatico per dire il meno attendibile). L’intento era di conoscere il numero dei soci del gruppo grotte che fanno attività, cioè che vanno in grotta. Interessava cioè conoscere il rapporto fra il numero dei soci di un gruppo grotte e quanti di questi vanno in grotta e sono quindi esposti al rischio di incidente. Posso garantire il dato della “Boegan” (mi sono personalmente tirato giù i nomi dal libro di uscite) e di alcuni gruppi con i cui rappresentanti ho avuto modo di parlare; per qualcuno degli altri c’è la possibilità che siano stati inseriti fra gli attivi anche soci che lo sono solamente in sede (segretari, bibliotecari, magazzinieri ecc.). In ogni caso il dato che ne esce è degno di attenzione.
Al primo posto troviamo i gruppi di Pordenone con il 59.7% di soci attivi, seguiti da Trieste con il 40.8%, da Gorizia con il 34.5% e da Udine con il 29.6%. Quest’ultima cifra va però corretta in quanto comprensiva dei dati del GELGV: estrapolando i dati di questo gruppo la percentuale della provincia di Udine sale al secondo posto con il 42.9%. Anche in questa sezione della ricerca abbiamo dei massimi e dei minimi: si va infatti dal 64.3% di un gruppo della provincia di Pordenone al 25.0% di due gruppi (uno di Gorizia e uno di Trieste). La media regionale calcolata sui ventun gruppi grotte che ci hanno fornito questo dato è pertanto del 41.6%, a fronte di una media nazionale (calcolata però su di un ristretto numero di gruppi) del 61.0% (con un massimo del 76.5% ed un minimo del 39.4%).
L’indagine finisce qui. Per approfondire il discorso (ma ci conviene?) bisognerebbe conoscere, oltre al numero di uscite/anno per gruppo, anche il prodotto finale: grotte visitate, esplorate, rilevate, studiate.
Pino Guidi