La nuova cavità è stata individuata da Roberto Manfreda e Claudio De Filippo, del Gruppo Grotte dell’Associazione XXX Ottobre, il 15 febbraio scorso durante una battuta di zona a Borgo Grotta (Carso triestino, TS) e si presentava come una fessura di pochi centimetri nascosta dall’erba e fortemente soffiante, posta quasi al fondo di una piccola dolina. Lo scavo vero e proprio, al quale ha partecipato attivamente anche G. Degrassi, è stato iniziato il 25 maggio senza peraltro grandi speranze dato che, nonostante la notevole quantità di aria in uscita, la morfologia dell’imbocco (frattura strettissima) faceva presagire uno scavo in roccia viva lungo e dall’esito estremamente incerto. Il 6 giugno, terzo giorno di scavo, dopo aver demolito e portato all’esterno complessivamente circa due metri cubi di materiale, è stato raggiunto ed allargato a tre metri di profondità l’imbocco di un pozzo che, sceso in arrampicata nella sua parte iniziale, è stato giudicato di profondità sicuramente superiore ai 40 metri. Il giorno seguente, dopo aver disgaggiato alcune enormi lame di roccia ed altro materiale pericolosamente in bilico, è stata iniziata l’esplorazione vera e propria: una decina di metri di discesa ed un paio di restringimenti tra le concrezioni, poi improvvisamente il vuoto, in un ambiente simile ad una forra le cui dimensioni aumentavano via via che si scendeva. A -65 è stata raggiunta la fine della corda da “ottanta” ma non quella del pozzo… il “trentasei” rimasto in fondo al sacco era palesemente inutile a giudicare dal lancio di pietre che, mentre gli echi indistinti si accavallavano confondendosi, raggiungevano un fondo ancora invisibile oltre le tenebre che l’“elettrica” non riusciva a squarciare. Purtroppo la mattina seguente Manfreda è dovuto partire per un lungo viaggio di lavoro; si è deciso quindi di sospendere l’esplorazione in attesa del suo ritorno. Nel frattempo sono state effettuate undici uscite nel corso delle quali è stata sistemata all’ingresso della grotta una solida botola metallica onde evitare incidenti (e furti, visto che tutto il materiale era stato lasciato in loco). Sono stati inoltre portati a termine vari altri lavori tra cui il posizionamento dell’ingresso e l’allargamento di alcune strettoie nella parte iniziale del pozzo. È stato solo il 24 di luglio che, tornato finalmente a casa Manfreda, è stata ripresa l’esplorazione ed è stato agevolmente raggiunto il fondo della cavità a 125 metri di profondità, risultato ragguardevole ma sicuramente inferiore alle aspettative viste le potenzialità della zona e la quota d’ingresso dell’abisso (281 m slm). Un minuzioso esame delle pareti del grande pozzo, pur portando alla scoperta di una breve diramazione laterale, non ha permesso di scendere ulteriormente né di capire da dove esattamente provenga la notevole quantità d’aria che tuttora si percepisce all’imbocco della cavità. La grotta è stata dedicata alla memoria di Helmut Strasser, speleologo della XXX che operò negli anni ’60 sul Carso triestino, scomparso nel 1991. (CDF)