Sabato 5 marzo, presso il centro Lemgo di Pradielis (Lusevera – UD), è stata presentata la pubblicazione I bioindicatori delle acque del Parco delle Prealpi Giulie, a cura di Fabio Stoch. Il volume di 80 pagine, edito dal Parco Naturale delle Prealpi Giulie, offre una panoramica sui risultati degli studi condotti dall’autore e da altri specialisti sugli invertebrati acquatici nell’ambito del Parco. Una parte del lavoro è dedicata alla fauna delle acque sotterranee che rappresentano, per la natura geologica del territorio del Parco, un ambiente di enorme importanza. Il testo, compilato con rigore scientifico ma utilizzando un linguaggio che lo rende accessibile ad un vasto pubblico, è accompagnato da diverse immagini e dalla check-list delle specie finora raccolte nel territorio del Parco. (GM)
Sabato 2 aprile, presso la Biblioteca del Villaggio del Pescatore (TS), a cura del Gruppo Speleologico Flondar si è tenuta la presentazione del libro Storia, natura e speleologia sul Carso di Duino e della relativa carta 1:5.000. Dopo i saluti di Roberto Grassi, presidente del gruppo, hanno preso la parola il sindaco di Duino-Aurisina, Giorgio Ret, Dario Marini, il parroco di Duino, don Giorgio Giannini, poi nuovamente Dario Marini, che ha illustrato l’opera e in special modo l’inedita carta particolareggiata, e infine Elio Polli che ha parlato delle peculiarità botaniche della zona, inserite in un apposito capitolo del libro. In conclusione è stato offerto un gradito rinfresco al quale i numerosi presenti non si sono sottratti. È da segnalare infatti il notevole afflusso di pubblico, specialmente quello speleo (gruppi del goriziano e del triestino), e in particolare di quello interessato ai siti della Grande Guerra situati alle spalle di Duino. (GB)
Sono da poco rientrati in Italia gli speleologi Maurizio Tavagnutti e Davide Rozic, del Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer”, e Antonino Torre, del Gruppo Speleologico Carnico “M. Gortani” CAI Tolmezzo, che hanno partecipato in rappresentanza della FSR al 3° Incontro Internazionale di Speleologia della Bosnia-Erzegovina, tenutosi dal 15 al 17 aprile.
Il simposio, svoltosi nella città di Zavidovići nel nord della Bosnia, è stato organizzato dalla Sekcija za Speleologiju i Alpinizam “Atom” con il patrocinio della locale amministrazione comunale e ha visto la partecipazione di numerose delegazioni di studiosi e speleologi provenienti principalmente dalla Croazia, dalla Serbia e dall’Italia.
Gli italiani in trasferta nei Balcani erano rappresentati, oltre che dai due gruppi regionali, anche dal Gruppo Grotte CAI Novara. Le tematiche presentate all’incontro dai gruppi italiani sono state: “Particolar type of epigeus Carsican phenomenon found in the Flysch formation”, a cura di M. Tavagnutti; “Nova istraźivanja pećine na Bijambarama”, a cura di S. Milanolo e G.D. Cella, dello Speleo DODO Sarajevo e del Gruppo Grotte CAI Novara; “Grotta di Golubovići, chiarimenti storici di una strage” e “Progetto Grotte Senza Confini - corso di speleologia per allievi bosniaci” a cura di A. Torre. Notevole è stato l’interesse per gli argomenti trattati dai gruppi italiani.
La Società Speleologica Italiana per l’occasione è stata rappresentata da Antonino Torre che, con la consegna di una lettera a firma di Mauro Chiesi, Presidente della SSI, portava gli auguri di un felice svolgimento dell’incontro e auspicava una sempre maggiore collaborazione tra le due associazioni. Il documento è stato consegnato personalmente al presidente della Federazione Speleologica Bosniaca, Jasminko Mulaomerović.
Nei giorni trascorsi nella città bosniaca gli speleologi italiani hanno potuto anche visitare alcune cavità, tra le quali quelle denominate Pećina u Srdnjus Stijeni e Pećina Lukina. La prima grotta caratterizzata da saloni enormi e dalle concrezioni gigantesche e cangianti, un vero gioiello della natura ancora in corso d’esplorazione; mentre nella seconda grotta si sono potute osservare alcune testimonianze paleontologiche, compresi i resti ben conservati dei preistorici orsi delle caverne.
La presenza degli speleologi italiani nella piccola Repubblica Federale di Bosnia-Erzegovina non è casuale in quanto essa rientra in un più ampio progetto, unico nel suo genere e denominato “Grotte senza confini”, che questi gruppi hanno deciso di sviluppare nel paese balcanico. Si tratta di un programma finalizzato a promuovere la speleologia e la conoscenza del fenomeno carsico in questo territorio dal potenziale davvero enorme. Un progetto, questo, molto apprezzato e ribadito dai dirigenti dell’Ambasciata della Democrazia locale di Zavidovići; un organismo di coordinamento delle varie associazioni internazionali ONG che operano in Bosnia. Allo scopo, nuovi importanti progetti comuni per il futuro sono già stati concepiti nel corso della recente esperienza in Bosnia-Erzegovina: tra questi a fine luglio è stato programmato dalla Federazione Speleologica Bosniaca un campo speleologico internazionale, che coinvolgerà rappresentati della speleologia provenienti da Croazia, Serbia e Italia. Il campo si svolgerà nella zona di Planina Tajan ed è mirato al completamento dell’esplorazione di una importante grotta denominata Pećine ATOM recentemente scoperta.
Come è noto le difficoltà economiche che la Bosnia-Erzegovina attraversa dopo la disastrosa guerra del 1995 non hanno permesso agli studiosi di continuare a sviluppare in modo adeguato la ricerca sul territorio. Se poi si pensa che gran parte delle zone carsiche sono ancora interessate da numerosi campi minati, si potrà capire perché la speleologia stenta a riprendere il ruolo che ricopriva prima degli eventi bellici.
La collaborazione italo-bosniaca è nata tre anni fa per iniziativa del G.S. Carnico che, entrato in contatto con il dott. Jasminko Mulaomerović, del Centro Culturale Bosniaco “Preporod” di Sarajevo e presidente della Federazione Speleologica della Bosnia-Erzegovina, ha dato il via ad una proficua serie di attività esplorative e scambi culturali che si ripetono regolarmente.
Il problema fondamentale della speleologia in Bosnia è la carenza di materiali specifici per la progressione in grotta e, quindi, una minore preparazione dal punto di vista strettamente tecnico, a cui si è voluto ovviare organizzando nel 2004 un corso di speleologia che ha riscosso l’immediato favore da parte dei bosniaci, avendo avuto una nutrita partecipazione da parte di speleologi di vari gruppi locali, con cui si è creato un notevole affiatamento, gettando le basi per futuri progetti di collaborazione. Se il punto debole della speleologia bosniaca è la mancanza di risorse e di attrezzature tecniche, lo stesso non si può dire per lo spirito di iniziativa di chi la pratica che, unitamente alle esperienze acquisite in passato da persone più esperte che continuano ad operare all’interno dei sodalizi, spesso portano a risultati esplorativi di notevole livello.
I ringraziamenti ed i saluti con la speleologia bosniaca si sono avuti con la donazione da parte degli speleologi goriziani al prof. Jasminko Mulaomerović di un volume donato dalla Provincia di Gorizia che illustra il territorio Isontino e le sue bellezze. (MTa e AT)