Anche se l’accidentale apertura della Grotta Impossibile ha dimostrato che sul Carso c’è ancora molto da scoprire, sono sempre più numerosi, fra i grottisti triestini (e quelli dell’Alpina delle Giulie in particolare), quelli che pensano che il futuro della speleologia esplorativa sul Carso triestino sia legato alle indagini nelle grotte già conosciute. A darne riprova stanno i successi conseguiti in questi ultimi lustri alla Lazzaro Jerko, 4737 VG, alla Grotta Martina, 5640 VG, alla Grotta Nuova di Prosecco, 4053 VG, alla Grotta delle Gallerie, 420 VG, alla Grotta Gigante, 2 VG e alla Grotta dell’Orto, 37 VG. E così, mentre proseguono le ricerche in alcune di queste, un gruppetto di consunti ma non inabili vecchietti, supportati da qualche giovane, ha affrontato gli scavi al Pozzo presso il Casello Ferroviario di Fernetti, 87 VG, minicavità (all’inizio degli scavi un pozzo profondo sei metri scarsi) un tempo soffiante, posta sul presunto corso del Timavo ipogeo. I lavori, iniziati ad aprile, sono condotti con l’utilizzo di un verricello elettrico e di opportuni strumenti di scavo e disgaggio; le prime otto giornate sono state dedicate alla rimozione dell’ingente materiale depositato sul fondo. L’asporto di una ventina di metri cubi di materiale (massi misti a terra rossa) ha permesso di raggiungere a dieci metri dalla superficie alcune fessure interessate da una debole ma costante corrente d’aria. I lavori proseguono nell’attesa che una delle classiche piene del Timavo possa fornire indicazioni su dove insistere con gli scavi. (PG)