Novità esplorative
Scavi alla 18 VG
La Grotta Impossibile, 6300 VG, con i suoi tre chilometri di sviluppo rilevati, è diventata una delle grotte più importanti del Carso triestino. Il suo ingresso, posto nella galleria del raccordo autostradale, diventerà inagibile una volta aperto lo stesso al traffico. La ricerca di un ingresso alto è diventata quindi una priorità per molti speleo della provincia; fra questi c’è un gruppetto di soci della Commissione Grotte “Eugenio Boegan” che ha iniziato uno scavo – da qualcuno definito impossibile – al sommo della frana che chiude il ramo alto della Grotta del Bosco dei Pini, 18 VG. I lavori di consolidamento del materiale lapideo incoerente di cui è costituito il vertice della frana si presentano molto onerosi, per cui i tempi per il loro completamento si prevedono non brevi. Un lieve movimento d’aria e la vicinanza di questo ramo della 18 con uno dei settori centrali dell’Impossibile fanno comunque ben sperare. (PG)
Grotta Gabomba
Grosse novità giungono dall’area di Villanova delle Grotte (UD), famosa per le sue rinomate grotte turistiche, per la Feruglio, la Doviza e il sistema Viganti-Pre Oreak. Ricerche condotte in zona da un socio friulano del Gruppo Speleologico San Giusto portano, nell’inverno del 1998, alla riscoperta di una insignificante cavità, l’Inghiottitoio a Nord di Stavolo Zabarie, 2140/548 Fr, esplorata e rilevata dai goriziani del G.S. Bertarelli nel lontano 1972. Incuriosito dalla corrente d’aria circolante nell’angusto vano, peraltro semiostruito da svariate immondizie scaricate dagli abitanti del vicino paese, Marino Bombardier inizia una saltuaria, ma caparbia opera di disostruzione delle numerose fessure impraticabili, sempre soffianti, in cui termina ogni modesto slargo cui è possibile accedere. Si arriva così al 2000, quando inizia la sua collaborazione con Furio Gagliardi che mette a disposizione attrezzature più atte allo scopo (generatore e demolitore) che permettono ai due di allargare l’infima parte iniziale e di proseguire in lunghezza e profondità per il meandro, fino ad arrivare ad un ampio pozzo di una decina di metri che immette in una sala abbastanza ampia che subito però si restringe. A questo punto entra in gioco il gruppo triestino che con punte sempre più frequenti riesce a forzare ulteriori passaggi fino ad arrivare al febbraio di quest’anno, quando la grotta finalmente si concede agli esploratori, non senza qualche ulteriore “ritrosia”. Ad oggi si è fermi ad un chilometro di sviluppo planimetrico e a quasi duecento metri di profondità, dati che per il momento limitano il sogno di arrivare direttamente alla sottostante Grotta di Vedronza, 63/71 Fr, risorgiva che sicuramente drena le sue acque. La grotta, denominata Gabomba dall’unione dei cognomi dei due primi speleologi che hanno dedicato un numero incredibile di uscite alla disostruzione della parte iniziale, è in effetti un inghiottitoio ormai fossile, che si sviluppa interamente all’interno dei calcari. Il meandro iniziale scende, ora non più angusto, con diversi slarghi alternati a modesti saltini, fino ad arrivare tramite una condotta inclinata in una prima ampia sala, sovrastata da un grande pozzo risalito in artificiale per oltre una trentina di metri. All’estremo opposto della sala, una risalita di pochi metri permette di riprendere il meandro che prosegue ora fino ad un ampio pozzo di una ventina di metri. Dal suo fondo parte un ulteriore bellissimo meandro bianco, caratterizzato da numerose bancate calcitiche stratificate, che con svariati salti di modesta entità porta invece ad un ampio pozzo attivo di una trentina di metri. La sala sottostante prosegue con una galleria in discesa fino ad un passaggio sifonante, ora comodamente transitabile, oltre il quale si arriva in una splendida serie di condotte freatiche. Un ramo si dirige in profondità, conducendo tramite uno scivolo ad ampie gallerie interessate da ingenti depositi sabbiosi che al momento sembrano occludere ogni prosecuzione. L’altro ramo porta invece ad un’ampia forra meandriforme che si risale fino ad intercettare una galleria; questa conduce alla base di un ampio pozzo di una sessantina di metri, al culmine del quale si trova ancora un livello di gallerie, evidentemente impostate su di una grossa faglia, che termina su di una frana Quest’ultima impedisce un sicuro collegamento con l’esterno, che è stato accertato tramite fumogeni e segnalazioni acustiche. È stato iniziato uno scavo in questo secondo ingresso al fine di rendere possibile una bellissima traversata, ma purtroppo l’entità e la pericolosità della frana hanno per il momento bloccato i lavori. Le esplorazioni, così come il rilievo topografico, procedono. (MK)
Fontanon di Goriuda
Durante il mese di agosto, il team di speleosubacquei che si è costituito presso il Club Alpinistico Triestino ha progettato la riesplorazione della celebre risorgiva che drena sul versante italiano la gran parte delle acque assorbite dal soprastante altipiano del Canin. L’obiettivo era il superamento del terzo sifone, per raggiungere il quale sono state effettuate alcune uscite preparatorie per il trasporto dei materiali necessari e l’attrezzamento dei vari passaggi, ivi compresi i primi due sifoni. Purtroppo proprio la settimana prima della data fissata per il tentativo, le pessime condizioni atmosferiche hanno causato una violenta ondata di piena che ha travolto e portato con sé tutti i materiali disseminati per la grotta, vanificando il lavoro fin qui fatto. A questo punto il progetto è stato rinviato ai prossimi mesi, quando le rigide temperature invernali renderanno più stabile e sicuro il flusso idrico all’interno della risorgiva. (MK)
|