L’opinione dello speleo
 

Pubblichiamo qui di seguito il testo integrale di un appassionato intervento di Mario Gherbaz, noto speleologo della CGEB, in merito all’ormai nota “questione Catasto”.

Va da sé che il comitato di redazione, in quanto espressione della federazione, non ne condivide il contenuto, oltretutto piuttosto inutile vista l’ormai insanabile contrapposizione che con gli anni si è venuta a creare tra le parti interessate. Questo appello di Gherbaz è rivolto in particolare ai vari gruppi speleologici della nostra regione che hanno già vissuto da parecchio tempo questa situazione sulle proprie spalle, e che quindi sapranno in perfetta autonomia trarre le dovute considerazioni su quanto espresso dall’autore dell’articolo. Va da sé che saremo lieti di ospitare l’opinione in merito anche di altre persone, altrettanto rispettabili come il “Marietto” istituzionale, ma dovremo comunque evitare che questa rubrica si trasformi in un prolungato ed inutile campo di battaglia su un argomento ormai trito e ritrito: per poter raggiungere questo obiettivo facciamo affidamento sul buon senso e sulla collaborazione dei nostri lettori. (MK)

« L’ articolo apparso sul “Piccolo” del 27/12/06 e quindi il recente inasprimento della questione “Catasto” mi spinge a contattare gli amici di tutti i Gruppi del Friuli Venezia Giulia perché, sinceramente, non riesco a capire come e perché la faccenda possa essere arrivata ad un tal punto.

Ma, soprattutto, non riesco a capacitarmi perché tanti Gruppi, con i quali non c’è mai stato motivo di dissidio, si sono lasciati convincere ad aderire a questa strana crociata che ha preso al balzo questioni in fin dei conti abbastanza marginali, come quelle di Cucchi e Martinuzzi (sulle quali si può essere d’accordo o meno, ma comunque qui non sono determinanti) per consentire a qualcuno di tentare di raggiungere il vero scopo della manovra (cioè la sottrazione della gestione del Catasto alla Società Alpina delle Giulie (SAG) del CAI), tentativo che in realtà, come ben sappiamo, è in atto già da molti anni prima che si potesse attingere al pretesto Cucchi-Martinuzzi.

Quest’antica e mai sopita aspirazione è portata avanti da un esiguo nucleo di persone (le dita di una mano sono più che sufficienti) che hanno astutamente saputo creare ed usare le Federazioni Speleologiche Triestina e Regionale per il raggiungimento dei loro reali fini, illudendo i Gruppi federati circa le sane finalità che invece tali Federazioni avrebbero dovuto perseguire.

In realtà, a tale proposito è sufficiente citare il fatto che la Federazione intenderebbe (molto democraticamente…) riuscire ad escludere dalla ripartizione dei contributi regionali sulla Speleologia i Gruppi che non intendono farvi parte. Sicuramente, anche questo è stato un motivo che ha spinto i Gruppi più titubanti a decidersi prudentemente per l’entrata nella Federazione.

Comunque, a questo punto è meglio ricordare che il primo Catasto delle Grotte ad essere stato inventato al mondo è proprio quello della Commissione Grotte “E. Boegan” (CGEB) della SAG, catasto che nel 1927 giustificò anche la stampa del famoso “Duemila Grotte”.

E non dobbiamo nemmeno dimenticare che nel 1944 la stessa SAG-CGEB, rischiando di brutto, provvide a nascondere il Catasto affinché non cadesse nelle mani dei tedeschi che intendevano sfruttare le cavità per scopi militari.

Ma arriviamo al 1966 quando, su ispirazione della SAG-CGEB, la nostra regione (prima in Italia) si dota delle leggi di finanziamento della Speleologia e del Catasto Grotte. Mentre la seconda viene a creare un servizio a disposizione di tutti i Gruppi e della collettività, la prima prevede l’erogazione di contributi a tutti i Gruppi che svolgono attività in regione.

E, giacchè ci siamo, andiamo pure al 1969, quando, sempre su ispirazione della SAG-CGEB, la Regione FVG si dota (prima in Italia) di una legge per il sostegno del Soccorso Alpino e Speleologico, struttura che fin da subito servì da “legante” fra i gruppi.

Se queste premesse erano necessarie per la maggior parte dei contestatori (che allora non erano ancora nati), a questo punto dovrebbe sorgere spontanea una domanda: “ma, questa Federazione, questi altri Gruppi, dov’erano quando la SAG-CGEB creava quelle importanti fondamenta per l’attuale realtà speleologica? E perché non si sono dati da fare loro per crearle?”

La risposta è molto semplice: “perché non ne erano in grado”.

Comunque, per quarant’anni il Catasto ha sempre funzionato, e qui non doppiamo scordare l’appassionato contributo dato da Dario Marini che per decenni ne è stato l’anima.

Oggi, dopo quarant’anni che si nutrono dei frutti dell’iniziativa e dell’esperienza della SAG-CGEB, oggi alcuni di questi Gruppi non si ritengono più soddisfatti ed intendono salire in cattedra, ritenendosi maturi per parassitare le strutture che altri hanno creato e gestito sino ad oggi.

Non so quali siano le reali motivazioni di un tale accanimento nei confronti di chi ha sempre lavorato nell’interesse della Speleologia in generale, ed in quello dei Gruppi Regionali in particolare: megalomania, invidia, protagonismo, oppure anche solo semplice avidità?

Rimane il fatto che tutta questa assurda campagna screditatrice in atto è orchestrata da pochissimi elementi, che usano il nome e la buona fede della stragrande maggioranza dei Gruppi e delle Federazioni per tentare di significare che tutti sono d’accordo con loro.

A questi “rivoluzionari” va l’invito ad interrogarsi sul perché di tanto livore accumulato negli anni verso un Gruppo che (e qui sfido chiunque a provare il contrario) ha sempre operato nell’interesse e per il bene di tutti gli altri Gruppi, soprattutto quelli meno forti.

Si dice anche che in questa faccenda non sia del tutto estranea la Società Speleologica Italiana (SSI), ma non posso né voglio crederci: se fosse vero, il quadro sarebbe davvero vergognoso, anche perché non si deve dimenticare che moltissimi soci SSI sono nel contempo anche soci CAI.

E qui mi preme ricordare anche come la CGEB nel 1958 abbia partecipato da protagonista (grazie agli indimenticabili C. Finocchiaro e M. Vianello) alla creazione della Scuola Nazionale di Speleologia del CAI, organizzandone molti Corsi, fra cui i primi, sia a livello locale che nazionale, insegnando così ad andare in grotta ad una quantità impressionante di allievi, nostrani e forestieri, che poi hanno diffuso e portato le conoscenze qui acquisite non solo in ogni parte d’Italia, ma talvolta anche all’estero. Corsi cui partecipavano sempre anche elementi dei Gruppi regionali, quando ancora non erano in grado di organizzarne da soli.

Ora si agitano pretestuosità tipo Cucchi e Martinuzzi per tentare di giustificare la congiura.

Ma non solo. Ora la storia si sta anche vestendo di politica (il che non esclude mai la partitica), con assessori e consiglieri vari che,forse anche alla ricerca di maggior notorietà, sentita la campana di parte, sono pronti ad abbracciarne la causa.

Ovviamente, non sanno la verità, né si sono premurati di informarsi. E sembra non si rendano conto (come pure molti dei Gruppi cui è diretta la presente), che il Catasto Regionale delle Grotte, proprio perché a tutti gli effetti è un vero e proprio Ufficio Regionale, ha bisogno di serietà, decoro, e continuità, quindi di affidabilità.

Quale Gruppo (che non faccia parte di una grossa Sezione CAI) ritiene di potere dare queste garanzie? E dove penserebbe di trasferire l’Ufficio Regionale del Catasto? Forse nel soggiorno dell’abitazione di uno speleo residente a X in via Y scala C, terzo piano? E quale Gruppo e con quali fondi sarebbe in grado di sopperire alle esigenze ed alle spese del Catasto quando il relativo contributo regionale ritarda (spesso e volentieri) anche di svariati mesi? Forse la Federazione indirebbe una colletta oppure un’autotassazione? Non ci credo.

In definitiva, la cupidigia di questi signori è notevole, ma il passo che vorrebbero fare è molto più lungo della gamba. E non si rendono conto che il pericolo maggiore è che il Catasto venga spostato a Villa Manin (o altra sede regionale) e gestito in toto con personale loro. Il che lascerebbe molti a mani vuote e con un palmo di naso.

Se proprio vogliamo cambiare qualcosa cominciamo finalmente a chiedere che i contributi regionali sulla Speleologia vengano calcolati ed assegnati ai Gruppi in base alla mole ed all’importanza del lavoro effettivamente svolto, finendola con le simpatie, le raccomandazioni e le pilatesche distribuzioni geografiche o, peggio ancora, a pioggia. Nominiamo fra di noi un tecnico “super partes” in grado di esprimere valutazioni oneste, ed avremo fatto un bel passo avanti.

Una volta, prima di inventare i contributi regionali, eravamo tutti “grottisti”, semplicemente esploratori innamorati del mondo sotterraneo, e si andava tutti d’accordo.

Oggi, invece, abbondantemente foraggiati di denaro pubblico, siamo improvvisamente divenuti “speleologi”, ammantandoci di scientifismi che quasi mai trovano un riscontro nella realtà, ma che vengono esibiti per sostenere campanilistiche presunzioni e giustificare agli occhi dei non addetti la vendita di quello che, in realtà e per una stragrande percentuale, altro non è che fumo. Ed il nostro ambiente è una continua diatriba.

Cari amici, spero capirete e forse approverete questo mio sfogo personale, perché, dopo oltre cinquant’anni di presenza speleologica, mi fa male vedere con quale facilità si possano sfaldare non solo istituzioni della portata del Catasto Regionale, ma anche gli ottimi e leali rapporti umani da sempre intercorrenti nel nostro piccolo, ma specialissimo mondo. Per questo mi rivolgo a quanti mi conoscono, speleo e Gruppi dal retto sentire, affinché facciano un esame di coscienza e, prima che la questione scavi solchi troppo profondi ed assurdi, vedano se non sia il caso di dissociarsi ufficialmente da questi opportunisti, riprendendo a guardarci negli occhi e collaborando nuovamente gli uni con gli altri ovunque sia utile e/o necessario, Catasto compreso. Della storia di Cucchi e Martinuzzi si può comunque discutere, senza patemi, ma è una storia a parte.

Mi dichiaro sin d’ora pronto a qualsiasi genere di confronto ed in qualsiasi sede per dimostrare quanto più sopra affermato, scendendo, qualora necessario, anche in particolari che quasi nessuno può dire di conoscere. Sono disponibile a incontri collettivi come ad incontri separati dove poter spiegare la reale situazione.

Sarò felice di ricevere un vostro consapevole riscontro cui sono pronto a rispondere.

“Marietto” Gherbaz
via Settefontane, 69
34139 TRIESTE
e-mail: antonellatizianel@tiscali.it
tel. casa: 040 390957,
tel. negozio: 040 3480648,
cell.: 340 7688935

Pensieri, impressioni, paragoni e speranze

Moltissimi di noi hanno avuto occasione di vedere il film L’Abisso. La proiezione, più volte riproposta nella nostra regione, ha avuto addirittura due appuntamenti a Trieste nel giro di 12 giorni; in una di queste erano presenti anche il regista – Alessandro Anderloni – e Francesco Sauro, speleologo di Padova e autore del filmato. Da quando la pellicola è uscita, molte sono state le occasioni per ammirarla, speleologiche e non, sparpagliate in tutta la penisola. Abbiamo potuto acquistarlo, portarlo a casa e ammirarlo nuovamente leggendone anche i racconti e la storia su Speleologia veneta, la pubblicazione della Federazione Speleologica Veneta abbinata al DVD. Si tratta di un’ora e un quarto di proiezione e quaranta minuti di contenuti extra che comprendono tutto ciò che per motivi di soggetto non poteva rientrare nel filmato, ma che non poteva nemmeno mancare nel racconto di questa cavità che è ed è stata, e sarà, quella più frequentata, più studiata, più criticata, più esplorata d’Italia. Da ricordare anche la campagna di pulizia organizzata al suo interno – uno dei progetti più grossi mai realizzati in Italia – i suoi reali o fittizi record di profondità, e soprattutto le amicizie e le collaborazioni che si sono venute a creare durante le riprese del film. Riprese che hanno visto la partecipazione di moltissimi speleologi di gruppi diversi e di città e province diverse ma tutti entusiasti di lavorare insieme sotto una sola e unica bandiera. L’Abisso è un concentrato di esperienze e soprattutto di emozioni, fatto di immagini e di racconti forti e significativi che sfociano e fanno diventare ancora più grande la soddisfazione degli odierni esploratori che, dopo ottant’anni, ancora trovano prosecuzioni e rami nuovi. L’Abisso è anche storia e meraviglia per chi non ha mai messo piede in grotta, per chi soffre di claustrofobia ma non riesce a staccare gli occhi dallo schermo, per chi ha letto l’annuncio sul giornale ed essendo originario di quelle zone non vuole perdersi un tuffo nelle terre natie per vedere finalmente un luogo sempre visto solo dall’esterno. L’Abisso non racchiude banalità e le sue immagini mostrano quello che realmente vive uno speleologo, come va in grotta e quali sono le sensazioni che prova.

A questo punto facile è il paragone con un altro video: La Grotta Impossibile, distribuito con il quotidiano Il Piccolo e recensito nel numero precedente (121 - dicembre 2006) de La Gazzetta dello speleologo. Non sono d’accordo quando si parla di una “bella pubblicità per la speleologia”; ma quale speleologia? Quella di alcuni, quella di coloro che hanno potuto – per amicizia o per appartenenza – studiarla, esplorarla, documentarla. La recensione dice anche “meglio un DVD con alcune banalità che niente”; anche qui sono e resto scettica perché la divulgazione di un prodotto non corretto significa dare in pasto agli ignari lettori/spettatori informazioni errate senza nessuna remora. Per non parlare di alcuni grossi errori e inesattezze nell’intervista sul Soccorso Speleologico, che poco aveva a che fare con i contenuti extra del DVD; sono informazioni che al lettore medio de Il Piccolo interessano relativamente e che non andrà mai a verificare, ma che lasciano l’amaro in bocca a chi fa speleologia.

Anche in Friuli-Venezia Giulia, prima o poi, si arriverà al grado di collaborazione e di entusiasmo che si può percepire nella realizzazione del film L’Abisso, raggiungendo l’ottimo risultato ottenuto nel vicino Veneto – nonostante io sia veneta di nascita non è mia intenzione importare il modello (!) – e sono convinta che siamo già sulla buona strada: stiamo lavorando in tanti per un progetto comune, per raggiungere un desiderio di molti e per il quale molti stanno collaborando. Abbiamo solo bisogno di mettere da parte le beghe, sollevate da pochi, ed eliminare quelle paure e quelle impressioni di furto di prestigio e di accaparramento di denari pubblici che vengono sollevate da qualcuno, evidentemente poco informato o informato male. Abbiamo bisogno di parlare di più e, soprattutto, è opportuno che chi ha qualcosa da dire lo faccia nei luoghi deputati, faccia a faccia con tutti gli altri speleologi regionali. (MB)