A causa di un male incurabile, è venuta a mancare la figura del dott. Ugo Furlani, che ha rappresentato per anni un sicuro riferimento per le ricerche archeologiche in grotta, con particolare riferimento all’area isontina, sia per le sue qualità di studioso, sia per quelle di uomo rispettoso di alcuni ideali che al giorno d’oggi si stanno lentamente perdendo. Archeologo goriziano, molto conosciuto nell’ambito cittadino, ha infatti fin dagli anni ’60 affiancato l’attività ricognitiva dei vari gruppi grotte nelle cavità del Carso goriziano intervenendo, con la collaborazione degli stessi speleologi, là dove, nel corso dell’esplorazione, emergevano testimonianze archeologiche. La sua storia, abbastanza particolare e alquanto avventurosa, ha avuto un preludio giovanile che avrebbe potuto dare adito ad un’evoluzione del tutto diversa da quella che invece è stata la sua vocazione in età matura.
Nato a Gorizia nel 1925, esordì infatti nel settembre del 1943 come allievo della Reale Accademia Navale di Brindisi, ma ben presto fu coinvolto nell’attività dell’esercito di liberazione che lentamente stava risalendo la nostra penisola. In queste vesti egli fu impegnato sul difficile fronte di Monte Lungo, vicino a Cassino, per tutto il dicembre del ’43. Nel luglio del 1944 ricevette il brevetto di paracadutista alla Training Battle School della Special Force britannica a S. Vito dei Normanni in Puglia. Venne decorato al valor militare “sul campo”, a Monte Lungo e sulla cosiddetta Linea Gotica. Nel 1954, egli si laureò in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Trieste. Negli anni tra il ’57 e il ’61, partecipò a diverse campagne di ricerca di arte rupestre nelle cavità del Sahara centrale. Il prosieguo delle sue indagini si svolse nell’Isontino, in particolare su alcuni castellieri del Carso e su una necropoli a cremazione sul Monte di Medea, assieme ad altri insediamenti sulle alture del Collio e lungo la fascia pedecollinare e, nella piana alluvionale antistante, ad alcuni centri di lavorazione dei manufatti in selce. Partecipò pure, in qualità di esperto, alle spedizioni del Gruppo Speleologico Goriziano in Turchia e Marocco. Il 23 maggio 1985, nell’ambito delle manifestazioni collegate al VII Convegno di Speleologia Regionale, fu ospitata per la prima volta a Gorizia la manifestazione del premio “San Benedetto”, che venne assegnato per l’occasione al signor Fabio Forti. In tale frangente, a sottolineare la validità del suo lavoro, venne consegnata al Furlani una Targa di Merito per le ricerche archeologiche svolte in cavità carsiche. Sempre nello stesso anno, egli si laureò in Lettere presso l’Istituto di Protostoria Euroasiatica dell’Università degli Studi di Trieste, discutendo la tesi “Il ripostiglio di bronzi di S. Pietro presso Gorizia”, conseguendo la lode. Solo più tardi, con l’avvicinamento al Gruppo Speleologico “Talpe del Carso” di Doberdò, riprese in modo intensivo la frequentazione delle cavità carsiche abitate dall’uomo. In tale periodo si occupò dello scavo e dello studio di alcune cavità scoperte da questo gruppo, in particolare la Grotta Vivisce 1 (5685 VG) e Vivisce 2 (5687 VG), ma in modo particolare la sua attenzione fu rivolta alla Grotta Pogrize (5175 VG). I sondaggi nelle tre cavità, dunque, permisero di ampliare le conoscenze sul passato preistorico dell’area carsica goriziana. Per quanto riguarda invece il Friuli, grande interesse per lo studio della preistoria regionale destarono gli esiti dello scavo effettuato anni prima nella Grotta del Monte Brischis (1739 Fr), situata nella vallata dello Judrio. (MTa)