Caro Stefano,
mi è difficile in questo doloroso momento riuscire ad esprimere, con delle adeguate parole, la tristezza e l’angoscia che provo di fronte alla constatazione che tu non ci sei più. Quanti anni ci siamo confrontati nel rispetto dei nostri differenti ruoli: tu libera e vulcanica mente del fare divertendosi e io quello che doveva far rispettare le regole del gioco.
Dopo la morte di Renata e di Marisa non avrei mai pensato di riprovare quel profondo dolore nel dover sconsolatamente ammettere che un socio, un amico, se vogliamo un figlio, con cui ho condiviso scherzi, impegnativi lavori ma anche importanti discussioni non è più fra di noi.
È sacrosanto il detto che il padre non dovrebbe mai sopravvivere ai propri figli e così il vecchio prex o l’obsoleto, come tu provocatoriamente mi chiamavi, ora deve fare i conti con la triste realtà di questa tua prematura e inspiegabile dipartita. Il tuo nome, caro Stefano, è associato nella mia mente al tuo inconfondibile sorriso. Un sorriso che lentamente ti si disegna sul volto, rischiarandolo, dandoti la sensazione di essere preso in giro ma che in verità nascondeva la tua giovanile timidezza che tu riuscivi a controllare. Adesso, purtroppo, tutto questo non ci sarà più, inevitabilmente noi tutti dovremo farcene una ragione, dovrò chiudere gli occhi e scorrere nella mente quegli scorci di vita che ho condiviso con te, con le tue idee e le sagaci osservazioni sugli altri. Il ricordarlo sarà il regalo più bello che tu mi abbia lasciato e che conserverò per sempre.
Mi giova ricordarti, quando ancora giovane, ti sei iscritto al corso di speleologia del San Giusto muovendo i primi passi nelle amate grotte e ti sei guadagnato il sopranome “Sex” allorquando hai indossato al posto del sottotuta un cangiante collant e al sorriso generale dei presenti hai sfoderato un: “ciò muli, cosa ridè, voi no savè che caldi che se sta con questo collant”. Già dagli inizi hai dimostrato una spiccata capacità nella progressione su corda e un’eccellente fisicità che ti hanno portato in breve tempo ad essere autonomo nelle esplorazioni. Ahimè, il tuo ciclo “produttivo” all’interno del San Giusto è durato molto poco.
Dopo diversi anni in cui la “legge della foresta” ti ha portato alla ricerca di qualche compagna certamente più attraente delle grotte, camminando per strada mi sono sentito chiamare dall’alto da un giovane muratore, affacciato ad un balcone tutto ricoperto di polvere, che con un grande sorriso mi disse: Prex no te me riconosi, son Sex, volesi tornar con voi; se pol?. E da quel tuo ritorno fra di noi, la grotta, la forra e tutti gli sport estremi sono stati per te un puro divertimento e un modo per sentirsi libero.
Abile e coscienzioso quando si trattava d’accompagnare qualcuno in grotta o fare un giro in forra ma quando le cose serie finivano ti trasformavi in un personaggio diverso e la tua parola d’ordine era fare casino senza porsi limiti e remore di qualsivoglia natura.
Ti ricordo molto volentieri quando organizzavamo gli stand gastronomici di novembre che erano per te il non plus ultra. Riuscivi in quei momenti a coinvolgere tutti i componenti dello stand sia nei preparativi che nel casino generale che ne conseguiva. Quando le cose avevano inizio, al suon della tua sirena e del megafono la scena era tutta tua: birre, grappe e piatti Trieste erano il tuo grido di battaglia. Quando la temperatura alcolica generale aumentava giravi fra i tavoli, in contrapposizione a Biagio che girava con una carriola con damigiana, con un bottiglione a guisa di flebo che conteneva delle misture alcoliche non ben classificabili che forzatamente ponevi, tramite un tubo, nella bocca dei malcapitati. Poi, verso notte, in piedi sui tavoli ti esibivi, applauditissimo, in conturbanti spogliarelli. Stranamente al mattino eri uno dei primi a ritornare allo stand per raccontarci le vicende accadute durante la notte e a farci l’elenco dei caduti.
Posso dirti caro Stefano che sei riuscito a lasciare un segno indelebile fra di noi non solo per i comportamenti ludici utili a far “gruppo” ma anche per un’intensa attività speleologica di scavo e d’individuazione di nuove grotte. Sei stato uno dei precursori dell’uso intensivo dei manzi, fino ad allora si usavano i cunei o i punzoni con le capsule della spara chiodi. Hai dato inizio all’era dei “grandi cantieri” per il San Giusto, scavi con l’utilizzo dei tubi innocenti, tavole e guardrail per tamponare le frane insieme all’immancabile schiuma poliuretanica. La Sidotti, la Faruk per gli addetti ai lavori, è stato il tuo capolavoro sia per la geniale intuizione di dove cercare la continuazione che per la caparbia ostinazione nel voler proseguire in quel mare di fango.
La parte in cui non ti sei mai risparmiato è stata proprio quella di creare socialità e purtroppo per questo ci mancherai tantissimo. Ci mancheranno le fiorentine, il brasato al Barolo, le battaglie con i tappi, le partite a poker, il coteci collettivi, le serate con i ceki e i tuoi ipse dixit scritti sulle piastrelle della cucina come: “quando vien freddo mi vado in cacao”.
Spero che possa sopravvivere in tutti noi il ricordo del tuo sorriso e della tua chitarra nella piena convinzione che così facendo, il tuo spirito potrà volare libero nei nostri pensieri.
L’Obsoleto.
Meglio di così non si poteva dipingere e rappresentare il nostro Stefano… é lui in ogni parola, in ogni citazione che strappa il sorriso!! Grazie per questa bellissima esposizione di come lui era veramente, per tutti quelli che non lo conoscevano. Era mio nipote, Stefano! Il figlio di mia sorella. …
Grazie di cuore. Zia Elisa
Mi sono commossa ed emozionata a leggere ciò che ha scritto di mio nipote. Lui era proprio così, fin da ragazzino. Grazie per le sue parole piene d’am.
Grazie “Prex” per questo toccante ricordo del nostro caro amico Sex. Stefano continuerà il suo viaggio tra le grotte e le montagne attraverso il nostro cuore, i nostri occhi, la nostra anima. Per lui la corda sarà sempre “libera” e per noi la grotta sarà meno deserta. Sempre con noi, ciao Sex!