Sabato 22 gennaio 2022
Ernesto, Roberto ed io siamo saliti al Fontanone di Goriuda. Ancora una volta. È stato come fare visita a un vecchio amico.
Obiettivo: la continuazione delle puntate precedenti.
Puntate di una “Serie” interrotta due anni fa, a causa della pandemia. Il nostro lavoro ventennale al Goriuda ha vissuto diversi periodi: dalla massima euforia delle grandi scoperte, ai momenti di stanca in cui si guardava altrove.
Il proverbio dice che i “conti senza l’oste” non si dovrebbero mai fare, ma ora sappiamo che mai e poi mai si devono fare i conti senza …la pandemia.
Due anni di difficoltà, in cui molti progetti sono saltati e, onestamente, anche la volontà è venuta a mancare. Finalmente le condizioni sono cambiate, come dei convalescenti alla prima uscita, siamo ritornati sui nostri passi, abbiamo ritrovato i luoghi famigliari, gli amici di vecchia data.
Abbiamo respirato aria buona.
C’era voglia di ricominciare, di ricucire un filo interrotto di cui, evidentemente, non avevamo abbandonato le due estremità.
Ed eccoci, ancora una volta, con la doppia bombola in schiena, su per il sentiero innevato. Solita routine. Peso, fatica, speranza, amicizia, passione. Ecco gli ingredienti per la buona riuscita di un’attività che in primo luogo ci piace fare a “modo nostro”. A dire il vero, dei primi due ingredienti, faremo volentieri a meno, ma sono inevitabili.
Non vi racconterò del Fontanone di sabato scorso, era quello di sempre e ne abbiamo già parlato tanto. Vi scriverò invece della voglia di continuare ad esplorare, quella è nuova. Rinnovata. Forse le esperienze come quelle che abbiamo vissuto negli ultimi due anni di pandemia hanno rinforzato o, meglio, affinato le nostre intenzioni. Abbiamo idee precise, sulle cose da fare: per prima cosa rimettere in sicurezza la parte interna, bisogna verificare le corde dopo anni di assenza. E poi ripartire con l’esplorazione delle parti nuove. Quelle più interne, viste finora da pochi. Mi affascina sempre pensare che le rocce della risorgiva hanno riflesso per la prima volta la luce delle nostre lampade, dopo millenni dalla loro formazione. Ho intenzione di conoscerla più a fondo. Voglio fermarmi ad ascoltare l’acqua. Fare miei i suoni di un ambiente tanto lontano dalla nostra quotidianità. Sono certo che questo nuovo modo di fare ci porterà a conoscere altri aspetti di questo mondo che amiamo, che ci appartiene e a cui apparteniamo.
Dopo averla bevuta, è anche dell’acqua del Goriuda che siamo composti.
Duilio Cobol
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