Primo sabato senza pioggia da non ricordo quanto, i presupposti sono già buoni! Mi armo con alcune bottiglie, trascino in macchina Alberto, che per una volta dismette i panni di “Orso delle Caverne” e partiamo alla volta di Taipana, dove ci attende “Speleotroviamoci”, incontro informale tra speleo (ininfluente la provenienza, l’età o l’anzianità di servizio).
Il Rifugio Speleologico ci accoglie spumeggiante di attività, “caldo” di pentole, pentolini, pentoloni, speleo e cani di speleo, sorrisi e abbracci di amici che vedo spesso o raramente e di volti nuovi. La squadra logistica cucina, affetta, stappa, distribuisce e ti senti a casa, immediatamente. Il clima piuttosto freddino di Taipana non riesce a scalfire minimamente l’atmosfera che si respira qui, stasera. E’ come una ventata d’aria pulita, nuova eppure familiare. Ognuno poteva portare qualcosa, un contributo enogastronomico, una proiezione, un filmato, un resoconto della sua attività o anche solo se stesso. Sullo schermo scorrono immagini di vita speleo vissuta, spedizioni, studi ed esperienze. Ridiamo, applaudiamo, ci scambiamo opinioni. Ci sono speleo di vari gruppi ma credo che nessuno ci faccia caso, sembra di essere un solo, unico gruppo. Di amici! Non ci sono formalismi, patemi d’animo (chissà se la presentazione riesce, se il video piace, se la foto è diritta o capovolta), ansie, conflitti. Non ci si guarda per traverso. Qui, signore e signori, c’è speleologia.
Nascono nuove idee, esce qualche proposta, si apre il fronte a nuove collaborazioni. E si mangia, si beve, si parla e poi ancora via davanti allo schermo, ci sono pure Sandro Sedran e la Simo, le loro immagini fanno venire la pelle d’oca. Il Torre ci propone una simpaticissima presentazione, si ride di gusto. E la serata continua, semplice ma spontanea, sincera. Fuori dalla porta, per una volta, resta tutto ciò che troppe volte rischia di minare la passione e l’entusiasmo di noi speleo. Certo, parliamo anche di problemi, ma comunichiamo, cerchiamo soluzioni, ci confrontiamo. Ho l’impressione di trovarmi in un dejà-vu ma non ho il tempo di pensare a cosa sta succedendo.
Poi, sul tardi, pian piano un po’ di amici salutano e se ne vanno. Ad un certo punto ce ne andiamo anche noi, con una buona dose di strudel e crostata per la colazione. Fuori ci aspetta la galaverna, la macchina è da scongelare ed è mentre sto seduta lì al freddo e al buio, guardando il rifugio ancora illuminato nella silenziosa notte taipanese, che ci arrivo.. Certo che ho avuto un dejà-vu. Mi sembra di essere ritornata indietro di vent’anni, quando tutto era meno complicato e si andava in grotta tra speleo di gruppi diversi in armonia, senza guardare il logo impresso sulla maglietta dell’altro. Senza carte, patacche, rancori. Si faceva festa assieme. Si costruiva qualcosa.
Questa dovrebbe essere la speleologia. Questo dovrebbe essere il modo di coinvolgere le “nuove leve” e di risvegliare la fiammella dell’entusiasmo in chi l’ha persa. Forse ci dobbiamo fermare un attimo, tutti. Ricominciare da qui, da questo. Da un incontro, tanti incontri informali, organizzati in maniera semplice, senza fronzoli, autorità, discorsi ufficiali. Si dovrebbe ricominciare dalle piccole cose, gettare basi più solide, aprire i gruppi e diventare qualcosa di più vasto, senza per forza dovergli dare un nome e un’etichetta. Senza doversi guardare le spalle. Sapendo che tra noi c’è rispetto e fiducia. Potrebbe forse chiamarsi “Comunità”, ma non è importante come si chiama. E’ importante come si “sente”. Ed è per questo che ringrazio di cuore Maurizio, Antonino, tutti coloro che hanno reso possibile questo incontro e tutti coloro che vi hanno partecipato. Perché Speleotroviamoci l’ho “sentito” davvero, nel cuore. E non credo di essere l’unica…
Lucia Braida
(speleo e basta)
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