Numero 9 - Agosto 1997 - Edizione internet |
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L'INVOLUZIONE DELLA SPECIEFaccio seguito al simpatico e nostalgico intervento pubblicato sullo scorso numero a firma di Mario Gherbaz, che finisce per dipingere con una certa malinconica ironia la realta' speleologica locale, traendo lo spunto da una tavola rotonda organizzata nel contesto della manifestazione "Trieste Sport Show `97". La mia diagnosi in verita' sarebbe molto piu' impietosa, ma comunque tengo a fare alcune precisazioni, in qualita' di presidente della FST, e, perche' no, alcune osservazioni, nella veste di me stesso.Cominciamo con le prime. Perfettamente d'accordo con le considerazioni negative sulla sede che ha ospitato l'incontro. Ma che poteva fare la FST nella citta' del "no se pol"? Fermo restando l'obbligo morale di rimanere all'interno dello stadio dove si svolgeva la manifestazione, era lecito attendersi che una struttura costata miliardi ai contribuenti per far giocare una squadretta di calcio militante in serie C2 fosse in grado di ospitare una tavola rotonda con tanto di assessori in una sede piu' che dignitosa. Fallace illusione! Gli organizzatori della manifestazione, che hanno gestito un budget di qualche centinaio di milioni, hanno relegato noi modesti organizzatori della tavola rotonda nel sito incriminato, dove caldo, rumore e noia l'hanno fatta da padroni. Nella speranza che per gli incontri internazionali di calcio i giornalisti trovino una migliore accoglienza logistica, al povero presidente non e' rimasto altro da fare che scusarsi con i presenti, per altro neppure troppo numerosi, anche perche' la manifestazione era stata spostata sia di sede sia di orario, senza ovviamente avvertire per tempo la FST stessa. A proposito della noia citata in precedenza. Sarebbe stato nuovamente lecito aspettarsi dalla speleologia triestina, che si culla tuttora nell'illusione di essere la prima nel mondo, un vero e proprio assalto di capaci oratori pronti a disputarsi un posto per poter sfoggiare la propria capacita' dialettica nell'illustrare ad un'attenta classe politica tutte le geniali iniziative destinate a traghettare la realta' locale oltre le soglie del mitico 2000. Duro sarebbe stato allora il ruolo di moderatore, costretto a destreggiarsi tra i tanti interventi, ma per sua fortuna l'attuale speleologia triestina non ha smentito se stessa, defilandosi come gia' fatto in tante altre occasioni. Ammesso che esista qualche valido oratore, questi ha preferito tenersi ben lontano. Oppure si puo' anche pensare che i personaggi di spicco che hanno reso Trieste famosa nel mondo speleologico non abitino piu' da queste parti, cosi' come non esiste piu' l'orso che abitava tante caverne del nostro Carso. Il moderatore della serata, cioe' il sottoscritto, ha dovuto quindi ritenersi fortunato nell'avere presenti 4 (dicesi quattro) oratori come Barocchi, Bressi, Monaco e Rucavina perche', con tutto il rispetto dovuto a queste persone di buona volonta', indifferentemente dalle rispettive capacita', "a caval donato non si guarda in bocca". Sarebbe stato quindi oltremodo indelicato riprendere uno dei quattro mentre parlava (o sparlava) in triestinitaliano, limitandosi a leggere un foglio magari forse scritto da altri. Spesso d'altra parte i telegiornali ci mostrano illustri senatori e deputati intenti a leggere in italiano piu' o meno decente pagine e pagine di parole, mentre i colleghi circostanti, pagati con fior fior di milioni dei contribuenti, sono intenti a dormire o a tagliare figurine di carta. Il moderatore della serata avrebbe fatto meglio forse a castrare una certa mania di protagonismo tipica di uno dei gruppi triestini che, in virtu' del suo glorioso passato, si sente sempre al centro del mondo, senza rendersi conto che i tempi sono invece cambiati. Ma le polemiche interne sono sempre da evitare quando ci si trova davanti ai politici, nella speranza di riuscire a rimediare poi in separata sede. D'altra parte lo stesso assessore De Gioia ha candidamente dichiarato di aver capito qualcosa sulla speleologia, ma nulla sul mondo dei gruppi grotte regionali. In definitiva, se la tavola rotonda non ha avuto il successo che era auspicabile, cio' e' dovuto alla realta' attuale di chi l'ha organizzata, la FST, che e' l'immagine dei gruppi che la compongono e non quella del cretino che la presiede. Ed e' anche l'immagine della classe politica locale che non riesce, o non ha interesse a riuscire, a tirare fuori un'iniziativa che esuli dalla solita legge 27/66, i cui benedetti 200 milioni annui non bastano alla sistemazione di una delle tante casere che oggi va di moda ristrutturare per l'ipotetico ed improbabile sviluppo della montagna regionale. Passo quindi alle mie personali osservazioni sulla terminologia "speleologo/grottista". Un nome e' pur sempre un'etichetta ed una cosa che sopporto mal volentieri e' quella di essere etichettato per quello che faccio. Vado in grotta da quello che considero l'ormai lontano 1978 ed ho sempre tentato, tento e tentero' di farlo in modo intelligente, senza pensare se per questo devo considerarmi speleologo o grottista. E vero d'altro canto che il titolo di speleologo dovrebbe appartenere agli scienziati e quindi risulta una vera e propria usurpazione se uno si impossessa di tale aggettivo solo perche' si limita a tenere in mano la cordella metrica e a prelevare campioni di roccia ad uso e consumo di altri. D'altra parte, visto che siamo in discorso, mi sembra pero' riduttivo fare di tutta l'erba un fascio, raggruppando tutti gli altri sotto il termine grottisti. Oggi piu' che mai, grazie al benessere raggiunto e al progredire della tecnica, andare in grotta e' diventato particolarmente facile ed alla portata di tutti. Il risultato e' che molti sono coloro che si avvicinano al mondo speleologico, ma spesso sono deludenti le motivazioni che li spingono a farlo, specie tra i giovani. Lo si fa per provare un'esperienza diversa, perche' fa figo, perche' non si ha di meglio da fare, spesso perche' non si ha ancora una ragazza. Nascono cosi' tante delle meteore che hanno consumato chilometri di corde e chili di carburo per poi scomparire altrettanto velocemente, senza lasciare traccia di se', ne' in positivo ne' in negativo. Sarebbe troppo chiamarla "Speleologia usa e getta!"? Esiste poi un'altra categoria di persone, in numero molto piu' ridotto, che trova nella speleologia una passione che e' anche una ragione ed uno stile di vita. Si distingue anche per la cordella metrica che ha spesso in mano, ma saperla tenere per bene non e' cosa semplice e richiede sacrificio ed abnegazione. Facile e' piantare spit a ripetizione, scendendo e risalendo pozzi per poi rispondere Come xe con la grota? Ben, me par che continui. Come la xe fata? Boh, xe un meandro .. po' xe un pozzo ... Dove la va? Buh, avanti drita!. Altra cosa e' rilevare e trasformare a casa il tutto in un disegno il piu' giusto possibile, per rendere pubblico il frutto del proprio lavoro, magari proprio mentre la prima categoria si diverte a cantare in osteria. Una volta non si usava l'ecclimetro e non se ne sentiva la mancanza, ma qualche litro di vino di meno e qualche misura di piu' avrebbe fatto bene alla fama di piu' di qualche affrettato rilevatore triestino; sempre che non sia stata l'umidita' ad accorciare tante grotte, come si ha avuto modo di accertare in tante revisioni di rilievi, antichi e recenti. Se poi al sapere tenere una cordella in mano si aggiunge una cultura di base, non lo trovo affatto negativo, anzi! Certo oggi non ci sono piu' le osterie, luogo ideale per fraternizzare; si sono trasformate tutte in ristoranti. E per di piu' molti giovani superveloci sulle corde non gradiscono piu' il vino, ma preferiscono la Coca Cola. A me il vino piace, ma non piace il casino; sono fatto male, lo ammetto. Preferisco le compagnie serene e tranquille, aliene alla confusione, forse financo noiose, di coloro con cui condivido speranze e progetti, fatiche e delusioni. Oltretutto sono stonato come due campane e, pur piacendomi il bel canto, ho il pudore di risparmiare alle orecchie altrui un immeritato strazio! Ma di una cosa mi consolo. Molti altri sono stonati forse anche piu' di me, ma hanno voglia di andare in grotta per lavorare (brutto termine, vero?) e in questo senso mi vanto di avere amici, pochi ma buoni, in giro per tutta l'Italia. Per concludere, mi sento diverso dalla massa di esseri umani che vanno in grotta e che non possono essere definiti speleologi; e di cio' sono contento. Guai se dovessimo essere uguali agli altri e soprattutto guai se gli altri dovessero essere uguali a me! Mauro Kraus |
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